Conosci gli “eco-contenitori”? Sono contenitori “virtuosi”, poiché hanno il pavimento fatto di bambù, piuttosto che di legno proveniente da foreste tropicali.
Hm, sento già alcuni scettici in fondo alla stanza. Può un container essere ecologico, quando la sua funzione primaria è quella di trasportare merci in tutto il mondo, dalle fabbriche dell’Asia alle frenetiche aree di consumo dell’Occidente?
Se si fa un po’ di zoom out, Thomas Pesquet dovrebbe riuscire a vedere con il suo binocolo qualcosa che assomiglia a questo: navi portacontainer che attraversano gli oceani trasportando grandi ammassi di container, ad alte emissioni di carbonio.
Il pianeta potrebbe non essere salvato dai pavimenti dei contenitori di bambù, che potrebbero ridursi ad un’operazione di Green Washing…
Green washing e Lean bashing
Durante la pandemia, la supply chain è stata al centro dell’attenzione di tutti, ed ognuno ha avuto la propria teoria sulle cause dei problemi. Ad esempio, abbiamo sentito che la metodologia Lean è stata la causa delle interruzioni nelle nostre catene di approvvigionamento e distribuzione, della loro fragilità. Recentemente ho visto articoli sul “principale errore della Lean: considerare le scorte come sprechi”.
Il “green washing” e il “lean bashing” potrebbero non aiutarci a vedere le cose chiaramente … Scorte, sprechi, impronta ecologica, tutto questo è fonte di confusione.
E se l’implementazione di una supply chain agile e resiliente fosse sinonimo di una supply chain rispettosa dell’ambiente? Attivisti demand driven e attivisti ambientali stanno combattendo una battaglia per un obiettivo comune?
La metodologia Lean ha sempre propugnato metodi per avere tempi di consegna più brevi. Vicinanza dei fornitori. Un flusso flessibile, guidato da ordini di vendita, domanda reale.
È interessante notare che Toyota assembla le sue piccole utilitarie in Francia (Europa occidentale, dove gli stipendi sono più alti, che incongruenza!), mentre le case automobilistiche francesi hanno trasferito la produzione dei loro piccoli veicoli in paesi con bassi costi di manodopera …
La supply chain moderna non è il risultato dell’applicazione della metodologia Lean. Bensì il risultato di una ricerca opportunistica di bassi costi unitari, quantomeno apparenti.
La metodologia Lean non ha mai suggerito di spedire prodotti con diverse settimane di lead time sulle navi di tutto il mondo, né ha sostenuto lunghe catene di approvvigionamento e distribuzione con produzione a lotti. Però è proprio questo accumulo di stock nei mari e nei porti che ora sta causando un grave squilibrio tra domanda e offerta, effetti frusta, interruzioni e gravi sprechi nella nostra economia, a scapito dell’ecologia. Non sono quei contenitori di giocattoli natalizi bloccati in porto e in arrivo non prima di gennaio un palese spreco delle nostre risorse?
Ecologia e Demand Driven: una causa comune!
In questi giorni di COP26, dove sentiamo promesse di neutralità delle emissioni di carbonio entro il 2030, il 2040, il 2050, il 2060 o mai, si può tranquillamente dire che il cambiamento di paradigma necessario per le nostre supply chain non sarà un’imposizione degli Stati …
La supply chain diventerà più agile e più “green” solo se accorciare le catene del valore, ridurre i rischi e adattarsi più rapidamente ad un mondo che cambia è nell’interesse economico delle aziende.
Tutto ciò richiede un campanello d’allarme da parte dei CEO e la tempistica non può essere migliore. Quando il Wall Street Journal, testata difficilmente sospettabile di essere di sinistra, fa eco a questo cambiamento nell’articolo“Farewell Offshoring, Outsourcing.PandemicRewrites CEOPlaybook”, ci può essere speranza.
Prima della pandemia, Carol Ptak ha viaggiato per il mondo mandando alle aziende messaggi tipo “Adattati o muori”. La pandemia ha reso questo messaggio ancora più evidente. Nessuno dubita più del fatto che il mondo sia sempre più volatile, incerto, complesso e ambiguo. Tutti sanno che la domanda effettiva si discosterà sempre di più dalle previsioni e che dobbiamo essere in grado di adattarci rapidamente a questi cambiamenti.
Rendere le nostre supply chain agili e resilienti attraverso una gestione dei flussi guidata dalla domanda reale, trasformare rapidamente le catene del valore prima della prossima crisi, ridisegnare i nostri modelli operativi riducendo i tempi di consegna e investendo il giusto livello di risorse – né troppe né troppe poche – spetta a noi, attivisti demand-driven, trasmettere il messaggio ai leader aziendali – e sarà una buona notizia anche per il pianeta!